Da mercoledì 1 febbraio 2023 fine dello smart working per i frontalieri. L'Italia non ha infatti rinnovato l'accordo amichevole sul telelavoro, stipulato durante la pandemia Covid con la Confederazione Elvetica.
Ciò significa che, salvo correttivi o intese dell'ultimo minuto, dal 1° febbraio scatta l'obbligo di svolgere l'attività in sede, pena l'incremento della tassazione sul salario. Da mercoledì, dunque, i quasi 90 mila frontalieri italiani non potranno più lavorare da casa. Il rischio è di perdere lo status di frontaliere.
Nel testo dell'Agenzia si legge che "devono essere riconosciuti quali lavoratori frontalieri esclusivamente quei lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e che quotidianamente si recano all'estero in zone di frontiera o Paesi limitrofi per svolgere la prestazione lavorativa".
Secondo le Entrate, alla fine di questa fase straordinaria e derogatoria, torneranno in vigore le regole previste dall'accordo contro le doppie imposizioni, dunque, se un frontaliere residente nei comuni di confine farà anche un solo giorno intero di telelavoro, diventerà tassabile in Italia su tutto il proprio reddito.
L’interpretazione si basa sul principio della violazione del rientro giornaliero, condizione necessaria per poter beneficiare della tassazione esclusiva del reddito da lavoro in Svizzera in base a quanto previsto dall’accordo del 1974.
Il sindacato svizzero Ocst parla di "follia dell'Erario Italiano".
AGGIORNAMENTO: Si apre uno spiraglio per i frontalieri. Nelle ultime ore sono stati infatti depositati tre ordini del giorno in Senato al fine di valutare l’ipotesi di un nuovo accordo fiscale tra Svizzera e Italia. L’ipotesi sarebbe quella di adottare il “modello francese”, dove il telelavoro è consentito fino ad un massimo del 40% del tempo di lavoro annuale.