Nel corso degli ultimi anni è divenuto sempre più rilevante il tema della gestione e del mantenimento degli animali domestici nel corso di una causa di separazione, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, in quanto divenuti ormai veri e propri membri della famiglia. Ci si chiede a chi saranno affidati gli animali domestici in caso di separazione della coppia?E ancora, chi provvederà alle spese per il mantenimento? Attualmente, in Italia non esiste ancora una legge specifica in materia. Il più delle volte non è nemmeno sufficiente verificare chi sia l’intestatario del microchip, poiché entrano in gioco altri fattori. Per poter meglio chiarire quali siano le regole sull’affidamento degli animali domestici dopo la separazione o il divorzio dei coniugi, è necessario distinguere i casi in cui la separazione o il divorzio avvengano con un accordo sottoscritto dai coniugi, da quelli in cui, in mancanza di conciliazione, si debba procedere con una causa di tipo giudiziale. In primo luogo, la coppia che si lascia è sempre libera di trovare un accordo su chi debba occuparsi dell’animale domestico, nonché sulla sopportazione delle spese finalizzate al suo mantenimento. In ragione, quindi, del vuoto normativo in materia, è consigliabile regolare le questioni relative all’affidamento degli animali domestici e al loro mantenimento, tramite un’apposita scrittura privata (avente le caratteristiche di un vero e proprio contratto) oppure inserire una clausola direttamente nell’accordo di separazione e divorzio. Ugualmente, anche nei casi di coppie conviventi o unite civilmente, occorre necessariamente raggiungere un accordo tra le parti per decidere a chi debba essere affidato l’animale. Diverso è, invece, il discorso nel caso in cui la coppia che si separi non riesca a raggiungere autonomamente un accordo e debba, quindi, intraprendere una causa giudiziale. In quest’ultima ipotesi, infatti, il Giudice, data la lacuna normativa sul punto, non è tenuto ad occuparsi dell’assegnazione degli animali domestici, nemmeno su richiesta specifica delle parti. Tuttavia, il giudice può prendere in considerazione il problema dell’affidamento di animali domestici, nel momento in cui ci siano dei bambini minori ad esso particolarmente legati. Difatti, il codice civile stabilisce che il principale scopo che deve essere perseguito dal giudice, nel momento in cui stabilisce le condizioni di separazione e divorzio dei coniugi, è la primaria tutela dell’interesse morale e materiale del minore. Ciò quindi non è di ostacolo ad un provvedimento che disciplini anche la sorte degli animali domestici. Pertanto, il Giudice, anche in assenza di un accordo tra i genitori, potrebbe emettere un provvedimento che disciplini la sorte dell’animale domestico, in considerazione proprio del rapporto affettivo del figlio minore con lo stesso. La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza. Due le pronunce più significative sul punto: una, del Tribunale di Foggia che, in una causa di separazione, ha affidato il cane ad uno dei coniugi, concedendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata; l’altra, del Tribunale di Cremona che, sempre in una causa di separazione, ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento. I due Tribunali, in assenza di una norma di riferimento, hanno applicato la disciplina prevista per i figli minori. In un altro caso, deciso dal Tribunale di Roma, si è ritenuto che il regime giuridico in grado di tutelare l’interesse degli animali domestici (in questo caso il cane), fosse l’affido condiviso, con divisione al 50% delle spese per il loro mantenimento. Nello specifico, era emerso che il cane si era abituato a vivere, dopo la fine della convivenza tra le parti in causa, a periodi alterni, con una sola di loro, in abitazioni e luoghi diversi e che entrambe le parti avevano provveduto alle cure necessarie per lo stesso. Inoltre, era irrilevante che le parti non fossero sposate, poiché l’affetto ed il legame instaurato con l’animale prescindeva dal regime giuridico che legava le parti in causa. In generale, la giurisprudenza ritiene che sarebbe consigliabile che le questioni relative all’affidamento degli animali domestici (del cane, del gatto e di qualsiasi altro animale di affezione) siano tenute al di fuori dell’accordo di separazione tra i coniugi e formino, invece, oggetto di un’ulteriore e specifica scrittura (che assumerebbe, quindi, le caratteristiche di un normalissimo contratto). Questo però non impedisce ai coniugi di inserire nell’accordo di separazione anche le condizioni che disciplinano l’affidamento degli animali domestici, perché ciò non contrasterebbe con nessuna norma. Infatti, con la separazione e il divorzio, gli ex coniugi possono anche disciplinare questioni non strettamente economiche. In questo senso, va inquadrata la decisione del Tribunale di Modena. Secondo i giudici emiliani, infatti, il giudice deve omologare il verbale di separazione consensuale fra i coniugi nel quale si stabilisce, tra le altre condizioni, che il cane di famiglia resterà nella casa coniugale fino a quando i figli convivranno con il genitore, stabilendo a carico dell’altro un contributo economico per mantenere l’animale, che, pertanto, si somma a quello disposto in favore dei minori. Ebbene, oltre all’assegno di mantenimento per i figli e per la moglie è previsto anche quello per l’animale domestico, ma solo se le parti lo vogliono. Anche il Tribunale di Como, con sentenza del 3 febbraio 2016, ha stabilito in tal senso, ritenendo che vada omologato l’accordo con cui i coniugi, in sede di separazione consensuale, abbiano deciso le sorti degli animali domestici, concordandone l’assegnazione ed il mantenimento, in quanto non in contrasto con l’ordine pubblico.