L’ordinamento giuridico italiano, in ossequio ai principi costituzionali di tutela della famiglia (artt. 29 ss. Cost.) e di protezione del lavoro in tutte le sue forme (art. 35 Cost.), ha progressivamente approntato una complessa disciplina dei congedi familiari, al fine di contemperare l’esigenza di cura ed assistenza dei congiunti con quella della continuità del rapporto di lavoro.
Di seguito si offre una ricognizione sintetica – ma giuridicamente puntuale – dei principali istituti vigenti.

1. Congedo di maternità e paternità
Il congedo di maternità (artt. 16 ss. D.Lgs. n. 151/2001, cd. Testo Unico sulla maternità e paternità) prevede l’astensione obbligatoria della lavoratrice per un periodo di cinque mesi, di regola distribuiti nei due mesi antecedenti e nei tre mesi successivi al parto, con possibilità di modalità flessibili previo nulla osta medico.
Il legislatore ha altresì introdotto il congedo di paternità obbligatorio, oggi pari a dieci giorni, da fruirsi anche non continuativamente entro i cinque mesi dalla nascita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento). Si aggiunge la facoltà di astensione del padre in casi particolari (es. morte o grave infermità della madre, abbandono o affidamento esclusivo al padre).
2. Congedo parentale
L’istituto del congedo parentale (artt. 32 ss. D.Lgs. n. 151/2001), comunemente detto astensione facoltativa, consente ad entrambi i genitori di astenersi dal lavoro fino a un massimo complessivo di dieci mesi (elevabili a undici qualora il padre eserciti il diritto per almeno tre mesi).
La disciplina è stata oggetto di recenti modifiche per effetto del D.Lgs. n. 105/2022, di attuazione della Direttiva UE 2019/1158, che ha ampliato i periodi indennizzabili, introducendo una tutela più incisiva dell’equilibrio vita-lavoro.
3. Congedi per gravi motivi familiari
L’art. 4, comma 2, L. n. 53/2000 prevede la possibilità per il lavoratore di richiedere un periodo di congedo, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa, per gravi motivi familiari o personali, debitamente documentati. L’astensione, in questo caso, non è retribuita, salvo diversa disciplina collettiva.
4. Congedo straordinario retribuito ex art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001
Particolare rilievo assume il congedo straordinario biennale retribuito concesso al lavoratore che assista un familiare in situazione di handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. n. 104/1992.
Il beneficio, indennizzato dall’INPS e coperto da contribuzione figurativa, spetta nel rispetto di un ordine di priorità fra aventi diritto (coniuge o parte dell’unione civile convivente, genitori, figli, fratelli/sorelle, ecc.), a condizione della convivenza con il soggetto disabile.
5. Congedo per le vittime di violenza di genere
Ai sensi dell’art. 24 D.Lgs. n. 80/2015, la lavoratrice inserita in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere ha diritto ad un congedo retribuito della durata massima di tre mesi, fruibile su base giornaliera o oraria.
6. Permessi ex L. 104/1992
Meritano menzione, seppur non qualificabili come congedi in senso stretto, i permessi retribuiti riconosciuti dall’art. 33 L. n. 104/1992 a favore del lavoratore disabile e di chi lo assiste (tre giorni mensili ovvero riproporzionati in ore). Essi si pongono in coordinamento con il più ampio ventaglio di misure a tutela della genitorialità e dell’assistenza familiare.
Considerazioni conclusive:
La disciplina dei congedi familiari, in costante evoluzione, si pone al crocevia tra diritto del lavoro, diritto previdenziale e tutela costituzionale della famiglia. La conoscenza puntuale dei presupposti, delle modalità di fruizione e dei limiti normativi si rivela imprescindibile per garantire un corretto bilanciamento tra esigenze personali e doveri professionali, nonché per evitare contenziosi con il datore di lavoro.